Con il passaggio per la fiducia di ieri al Senato, il nuovo Governo è nel pieno delle sue funzioni.
Nel discorso programmatico in Parlamento il (la) Presidente del Consiglio ha ancora una volta confermato che il “caro energia” sarà il principale “catalizzatore” delle (non molte) risorse a disposizione. Ribadendo, altresì, a tal proposito, che non verrà fatto ricorso a nuovo debito; bensì le coperture dovrebbero arrivare dagli extra profitti delle aziende del settore energie, provvedendo ad una riscrittura della norma. La “coperta”, comunque, piuttosto corta: una decina di miliardi, che potrebbero arrivare a 15 facendo ricorso, appunto, agli extra profitti.
Il contesto economico in cui il Governo appena insediato muove i primi passi come noto è alquanto difficile, rendendo il percorso ancor più accidentato. Oggi la BCE dovrebbe alzare i tassi dello 0,75%, a cui seguirà, in tempi brevi, la FED (anche oltre oceano gli indizi fanno pensare ad un rialzo identico). La decisione di ieri della Bank of Canada di limitare il nuovo ritocco allo 0,50% contro il previsto 0,75%, potrebbe fare da “apripista” di una nuova fase più moderata, lasciando intendere che oramai potremmo essere vicini al momento della svolta.
I segnali di rallentamento che arrivano un po’ da tutto il mondo invitano i banchieri centrali ad una maggior prudenza nell’adottare interventi oltremodo restrittivi: vero è che l’inflazione si sta dimostrando alquanto resiliente, ma la paura di provocare una recessione violenta, soprattutto negli USA (dove, non va dimenticato, a giorni si svolgeranno le elezioni di “medio termine”), è piuttosto forte, al punto da indurre ad una rivisitazione delle proprie idee anche tra coloro che fino a poco tempo fa erano fautori di una politica di maggior rigore (è il caso di alcuni Presidenti della FED di Stati Usa). In Europa, più che le voci dei Governatori delle Banche dei singoli Paesi, forse hanno un peso maggiore le parole dei capi di Governo. Infatti la Meloni ha subito “recapitato” un messaggio a Christine Lagarde, affermando che i rialzi sin qui adottati potrebbero essere “azzardati”. Dichiarazione che forse, però, ha una finalità diversa, vale a dire far capire che a Roma “la musica è cambiata”. Cosa ben risaputa tra le varie cancellerie europee, alcune delle quali hanno già avuto modo di esprimere le loro preoccupazioni sul passato non proprio “filo europeo” della nuova inquilina di Palazzo Chigi, anche se ultimamente ha “virato” decisamente (ma forse non così convintamente…) verso Bruxelles.
Questa mattina le borse asiatiche si muovono intorno alla parità. Fa eccezione Hong Kong, dove l’indice Hang Seng è in rialzo dell’1,88% grazie al rimbalzo del settore tech (con Alibaba che fa + 7%).
Ieri andamento contrastato a Wall Street: mentre il Dow Jones ha chiuso sulla parità, il Nasdaq è scivolato di oltre 2 punti, “affondato” da Google-Alphabet e Microsoft, la cui capitalizzazione è scesa, insieme, di oltre $ 160 MD.
Futures in rialzo oltre oceano (intorno al + 0,50%), mentre appaiono deboli in Europa, peraltro con ribassi moderati.
Petrolio che questa mattina si conferma sui prezzi di ieri, con il WTI a $ 87,86.
Gas naturale Usa a $ 6,193, + 1,03%.
Oro sempre in area $ 1.670.
Stabile lo spread, fermo a 218 bp, con il BTP al 4,35%.
Treasury note appena sopra il 4%, dal 4,08% di ieri.
€/$ a 1,007, con l’€ ancora in leggero rafforzamento.
Continua a godere di buona salute il bitcoin, anche oggi i rialzo (+ 2,81% a $ 20.809).
Ps: quando si ha a che fare con Elon Musk non ci si può stupire di nulla. Come noto, dopo aver sfogliato la “margherita” (ti compro, non ti compro, ti compro), l’eclettico imprenditore di origini sudafricane è diventato il proprietario di Twitter, con un accordo che valorizza la società $ 44 MD ($ 54,20 per azione). Ieri si è presentato nella sede di S. Francisco della società con un lavandino in mano: quasi a confermare, con un giorno di anticipo, che la società è sua, per cui da oggi si cambia (non solo i lavandini).